di Luca D’Orazio · Domanda sottintesa a fondamento di questo articolo riguarda l’attualità dell’enciclica Mystici Corporis di papa Pio XII, il quale, in un tempo di grande discussione teologica, cercò, attraverso la categoria di Corpo di Cristo, di chiarire, per quanto possibile, la natura della realtà ecclesiale.
In particolare, ci si vuole soffermare, in questa sede, sulla prima parte dell’enciclica, che pone all’attenzione del lettore e del fedele un’affermazione che trova la sua origine dalla Scrittura e dai Padri: la Chiesa è il Corpo di Cristo. Per analizzare tale affermazione il testo procede dividendola in tre parti, di cui si cercherà, nel lavoro specifico, di vedere le implicazioni nella dinamica ecclesiale.
1- La Chiesa è un corpo. L’uso del verbo essere dice che la Chiesa non è in un rapporto di possesso o di lontananza rispetto al corpo; bensì, spiega che è la sua stessa modalità di esistenza, è il suo stare nel mondo. Dunque, tale primo paragrafo suggerisce la concretezza dell’essenza della Chiesa: essa non è una realtà astratta e generica, ma viene descritta come presenza una ed indivisa che si rende percepibile nella sua concretezza storica, mediante una molteplicità di membri con diverse funzioni, gerarchicamente e organicamente disposti tra di loro, sorretti dai Sacramenti, segno concreto con cui il Signore provvede al suo corpo.
Dunque, la realtà ecclesiale fugge ogni tipo di intimismo: in essa ciascun membro vive per l’altro e va in aiuto di chi è nel bisogno, per un maggior sviluppo del corpo. Pertanto, allo stesso tempo, viene elusa anche ogni forma di individualismo: nel Corpo di Cristo che è la Chiesa non si vive incentrati sul proprio Io, ma sull’essere protesi verso l’altro in una prospettiva di solidarietà. Ci si potrebbe chiedere: questo è frutto di uno sforzo personale? Questo nasce dall’adesione di ciascuno a Cristo che provvede al suo corpo per mezzo dei sacramenti con i quali, si dice, che il Signore provvede anche alle necessità sociali dell’uomo.
Dunque, per sintetizzare, secondo questa prima parte la Chiesa nasce da una vita concreta condivisa in un cammino di carità pensato e guidato dal Signore che si fa presente.
2- La Chiesa è il corpo di Cristo. Il titolo di questa seconda parte e quanto detto in precedenza indica in che termini la Chiesa è in rapporto a Cristo: il Signore si trova in una posizione preminente rispetto alla Chiesa, che è, invece, in una condizione di subordinazione. Questo viene motivato riconoscendo Gesù come Fondatore guardando alla sua vita tutta fino all’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, come Capo alla guida della Chiesa attraverso il Santo Padre ed i Vescovi, come Sostentatore per mezzo dello Spirito Santo, infine come Salvatore per mezzo della Croce.
Quindi, atteggiamento fondamentale della realtà ecclesiale diventa una disponibilità di fondo, a partire dalla quale diventa possibile l’accoglienza di una realtà altra da me stesso ma a cui, tuttavia, intuisco appartenere. Questo secondo paragrafo dice, allora, che la chiesa non è un corpo lasciato in balìa di se stesso, ma appartiene ad una Persona concreta. Pertanto, ciascuno è richiamato a concepirsi come membro che non può avere il controllo totale del tutto più grande di cui fa parte, ma che è chiamato a fare la sua parte hic et nunc guardando al bene del corpo e sapendo che sta contribuendo ad un bene maggiore.
Secondo elemento che emerge riguarda l’origine della Chiesa: il testo afferma che essa nasce per iniziativa di Dio in Gesù Cristo; pertanto, altro atteggiamento proprio che emerge è il mantenere un dialogo con il Signore.
3- La Chiesa è il corpo mistico di Cristo. In questa terza ed ultima parte papa Pio XII motiva perché a corpo di Cristo bisogna aggiungere anche la specificazione <<mistico>>, considerando che Paolo non usa mai tale qualifica. Due sono le caratteristiche proprie del corpo mistico e dunque della realtà ecclesiale secondo l’enciclica: il fatto che le singole membra intimamente unite tra di loro mantengano una propria personalità, e sono ordinate al bene di tutti gli uomini, a differenza di quanto avviene nel corpo naturale, in cui si è orientati al bene di tutto il composto; poi, il fatto che principio interno che agisce nel corpo mistico è di ordine soprannaturale, è lo Spirito, mentre in un corpo puramente morale è l’avere un medesimo fine mediante l’autorità sociale.
In questo terzo paragrafo si può cogliere come nuovo elemento proprio della realtà ecclesiale il fatto che in essa ciascuna conserva la sua personalità, ciascuno conserva il proprio io, semplicemente mettendolo al servizio, accettando di uscire dalla propria comfort zone per il bene di tutti e del proprio.
Il riferimento poi allo Spirito rimanda ancora all’origine soprannaturale della Chiesa e suggerisce di non confidare esclusivamente nelle proprie strategie e piani di lavoro ragionando solo su un piano orizzontale, quanto, piuttosto, a rimanere aperti ad una dimensione verticale in ascolto e preghiera di Lui che è Capo e Sostentatore.