di Giovanni Campanella · In un interessante articolo pubblicato su “il blog di Madrugada” il 6 marzo 2023, padre Renato Zilio, missionario scalabriniano di origine venete ma di stanza a Casablanca in Marocco da molti anni, racconta di una sua visita al monastero trappista di Midelt, sull’altopiano dell’Atlas (vedi).
Nei giorni del suo soggiorno, pregava con i monaci. «Camminano sul filo del confine tra un mondo e un altro, tra una cultura, una lingua e un’altra, ben diverse, tra una religione e un’altra, immensamente differenti» (ibidem). E per l’appunto, la loro liturgia è mista: è in francese e in arabo. Padre Zilio racconta di provare sempre una grande emozione quando iniziano i melismi e le melodie della lingua araba. Per i musulmani, l’arabo è la lingua sacra per eccellenza. «Si trova sulla bocca stessa di Dio. Ma per i monaci è segno del loro amore per questo popolo e per la loro cultura» (ibidem).
A conferma della dedizione dei monaci per la popolazione del Maghreb sta il famoso sacrificio dei sette monaci trappisti martiri di Thibirine (in Algeria), narrato nel ben fatto film del 2010 che si intitola Uomini di Dio. Nonostante il crescente clima di terrore, i sette monaci non vollero abbandonare i bisognosi di cui si occupavano. Uccisi nel 1996 da estremisti islamici, essi sono adesso annoverati tra i beati. Anche nel monastero di Midelt c’è una cappellina dedicata a loro. Davanti a un grande ritratto di ognuno, ci sono sette piccole luci e le preghiere scritte da chi vi passa. Soprattutto, proprio a Midelt è conservato il testamento spirituale originale, scritto di suo pugno, da Christian, il priore dei Sette. Esso testimonia una forza inaudita di perdono che ha stupito il mondo valicando i confini di ogni religione.
Midelt profuma di umiltà e di fraternità. La sottomissione allo Spirito, tanto importante per i monaci, sembra rimandare in filigrana a quella fondamentale qualità del credente musulmano che è la sottomissione a Dio. La stessa parola araba “Islam” è un sostantivo verbale traducibile propriamente con «abbandono, consegna (di sé alla volontà divina)».
Molto spesso le ONG europee scendono in Africa quasi con prosopopea, con i loro preconcetti e i loro schemi preconfezionati. Zilio ricorda che invece è necessario inculturarsi, sentirsi corresponsabili, diventare sinergici con le strutture locali e…. farsi piccoli. È importante farsi compagni di viaggio di questo mondo musulmano. «Bisogna svuotarsi. Prendere il cammino della kenosis. Accettare di essere inefficaci. Non tanto dirigere, ma piuttosto essere qui, presenti, in un paese islamico. Solidali. E farlo, come il Cristo, fino in fondo» (ibidem). Dio ha tanto amato il mondo. E in questo mondo la Chiesa deve essere serva e ministra.